Onorevoli Colleghi! - In molte occasioni questo Parlamento si è occupato di riforme e in molti casi sono stati esperiti dei tentativi di revisione della nostra Carta costituzionale: dalla Commissione Bozzi del 1983 sino alla revisione della parte seconda della Costituzione approvata nel corso dell'ultima legislatura, passando per i lavori della Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole Massimo D'Alema nel 1997. Nella maggior parte dei casi questi tentativi sono falliti, con l'eccezione delle riforme del titolo V della parte seconda della Costituzione del 1999 e del 2001.
      Si è trattato in taluni casi di rendere la nostra Costituzione più moderna e capace di intervenire sullo stato di cose presente; in altri casi abbiamo assistito, invece, a tentativi di stravolgimento delle istituzioni democratiche delineate dai nostri Padri costituenti, frutto della Resistenza e della guerra di liberazione dall'oppressione nazi-fascista.

 

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      La nostra Costituzione rappresenta la più alta sintesi delle culture politiche che hanno liberato l'Italia e che sono state da sprone per la liberazione dal bisogno delle masse popolari durante tutto il novecento. Essa è avanzatissima sul piano della tutela dei diritti sociali e dei diritti civili; fonda la nostra Repubblica sul lavoro e garantisce a tutti il diritto alla salute e all'istruzione; tutela la libertà personale in tutte le sue forme e assicura a tutti la libertà di manifestazione del pensiero.
      Il legislatore costituente, all'indomani della caduta del fascismo e della fine della seconda guerra mondiale, scelse per l'Italia un sistema parlamentare, conferendo a due Camere con eguali funzioni il potere legislativo e attribuendo al Governo, legato alle prime da un rapporto di fiducia, il potere esecutivo.
      Decise anche di attuare il massimo decentramento possibile, istituendo le regioni e gli enti locali e valorizzando le loro funzioni.
      Si tratta di un sistema che ha permesso sinora alla democrazia italiana di crescere e di rafforzarsi e al dibattito politico di svolgersi attraverso i partiti nell'alveo di solide istituzioni democratiche.
      A quasi sessant'anni dall'entrata in vigore della nostra Carta fondamentale, tuttavia, è venuto il tempo di cercare di modificare taluni istituti garantendo alle istituzioni democratiche maggiore funzionalità, senza comprometterne la solidità e la rappresentatività.
      Negli ultimi anni si è sviluppato nel Paese un sentimento diffuso di avversione nei confronti della politica che deriva essenzialmente da un comprensibile sentimento di intolleranza verso ingiustificati privilegi, sprechi e malfunzionamento delle istituzioni. Se questo Parlamento non provvede a fornire tempestive risposte politiche a tale percezione da parte dell'opinione pubblica, a volte pure strumentalmente fuorviata, il rischio è di esporre la Repubblica a ondate di qualunquismo e a conseguenti possibili torsioni autoritarie del sistema.
      Questa proposta di legge costituzionale fa tesoro del dibattito sviluppatosi da ormai sessant'anni tra la politica e l'accademia, proponendo di snellire lo Stato per rispondere alle suddette esigenze, senza compromettere la natura democratica e parlamentare della nostra forma di governo.
      In particolare la presente proposta di legge costituzionale ha come obiettivo l'immediato superamento del cosiddetto «bicameralismo perfetto» attraverso la soppressione del Senato della Repubblica e la trasformazione della Camera dei deputati in Assemblea nazionale.
      Il sistema bicamerale vigente, infatti, con le stesse identiche funzioni attribuite ad entrambe le Camere, troppe volte si è tradotto in un freno alla possibilità del Parlamento di intervenire prontamente sulle questioni che più urgentemente interessavano il Paese, costringendo peraltro il Governo a ricorrere alla decretazione d'urgenza e determinando una dislocazione a livello governativo della funzione legislativa.
      La cosiddetta «navetta» tra le due Camere e i diversi, anche se in misura ridotta, criteri per l'elezione del Senato della Repubblica sono stati il più delle volte forieri di instabilità politica.
      La soppressione del Senato della Repubblica risponde, quindi, a questa esigenza, senza che tuttavia venga intaccato il nostro sistema parlamentare.
      La presente proposta di legge costituzionale istituisce, infatti, l'Assemblea nazionale, composta da 500 deputati, cui si aggiungono 8 membri eletti nella circoscrizione Estero, con un funzionamento analogo a quello dell'attuale Camera dei deputati.
      La presente proposta di legge costituzionale attribuisce altresì a tutti gli elettori che abbiamo compiuto, al momento dell'elezione, il diciottesimo anno di età, l'elettorato passivo nell'Assemblea nazionale, nel tentativo di svecchiare l'attuale classe politica e di assicurare ai più giovani pari possibilità di concorrere a definire la volontà generale.
      I senatori a vita, sempre di nomina presidenziale, sono trasformati in deputati di diritto e a vita.
 

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      Si prevede poi che il regolamento che disciplina il funzionamento dell'Assemblea nazionale debba essere approvato a maggioranza dei due terzi dei componenti della stessa; si stabilisce, altresì, che deve prevedere delle norme che garantiscano i diritti dell'opposizione, in modo tale da potenziare la possibilità che nell'Assemblea trovino spazio le ragioni di tutti i cittadini, tramite l'operato dei partiti politici e dei gruppi parlamentari.
      All'Assemblea nazionale sono, poi, attribuite tutte le funzioni che nell'attuale sistema costituzionale spettano al Parlamento in seduta comune (elezione, giuramento e messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica; elezione di un terzo dei componenti della Corte costituzionale; elezione di un terzo dei componenti del Consiglio superiore della magistratura).
      In caso di impedimento del Presidente della Repubblica, secondo la presente proposta di legge costituzionale, le funzioni sono esercitate dal Presidente dell'Assemblea nazionale.
      Il rapporto di fiducia, che nell'attuale sistema deve sussistere con entrambe le Camere, è invece attribuito alla sola Assemblea nazionale.
      La presente proposta di legge costituzionale sopprime, poi, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, organo costituzionale che in questi anni non ha prodotto alcun lavoro reale e che fu introdotto nella Costituzione come compensazione per la trasformazione del Senato della Repubblica in Camera esclusivamente elettiva.
      Sono poi apportate modifiche rilevanti al titolo V della parte seconda della Costituzione, attraverso la soppressione di tutte le province, con l'esclusione delle province autonome di Trento e di Bolzano.
      Attualmente secondo quanto disposto dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, le funzioni più importanti delle province riguardano la difesa del suolo e delle risorse idriche, la viabilità, la caccia e la pesca, l'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale e compiti connessi all'istruzione secondaria di secondo grado e artistica, compresa l'edilizia scolastica.
      Si tratta, come si vede, di funzioni che vengono già svolte a livello interprovinciale o regionale (come nel caso degli ambiti territoriali ottimali idrici e per lo smaltimento dei rifiuti) o che possono essere meglio svolte dalle città metropolitane, quando saranno costituite, e dalle regioni, il cui ruolo è stato potenziato con la citata riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione.
      La soppressione delle province, quindi, taglia gli sprechi che i cittadini devono sostenere per pagare emolumenti e strutture di supporto ad organi elettivi la cui funzione è, tuttavia, nell'ambito del nostro sistema costituzionale, molto limitata.
      Da ultimo, l'articolo 50, che sostituisce l'articolo 138 della Costituzione, provvede a modificare il sistema di revisione della stessa Costituzione e di approvazione delle leggi costituzionali. La soppressione del Senato della Repubblica, infatti, se da un lato rende più rapida l'attività legislativa del Parlamento, dall'altro lato esporrebbe la Costituzione, ad articolo 138 invariato, al rischio di essere continuamente modificata anche da maggioranze ridotte, perdendo la natura di Carta fondamentale. È per questo che la nuova formulazione dell'articolo 138 stabilisce che le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali siano adottate dall'Assemblea nazionale con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e siano approvate a maggioranza dei due terzi dei componenti dell'Assemblea nella seconda votazione.
      Il secondo comma del novellato articolo 138 dispone, poi, che le leggi stesse siano sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri dell'Assemblea o cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
 

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